Orchi a catinelle

Muovendosi nelle segrete i personaggi giungono ad una scala che conduce ad una botola.

Ascoltandola odono le voce di quelli che sembrano dei prigionieri. Entrando nel passaggio si ritrovano al cospetto di una ventina di mezzi orchi che dicono di essere imprigionati nella fortezza dei pirati.

Quando gli eroi sono ormai circondati si accorgono che qualcosa non va: un duo di loschi individui è arrivato alle spalle di Hinata e Athor e li attaccano con dei pugnali. Un “prigioniero” tira fuori un’ascia e cerca di devastare Alf che però si allontana e comincia a bersagliare con le frecce i finti imprigionati.

La scena degenera quando, sconfitti i tre armati, e Leo si avvicina alla serratura viene attaccato da ulteriori 3 orchi con asce e fruste. Hinata pietrifica quello armato di flagello mentre Giorgio e Athor sistemano gli ultimi due.

 

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Il pulman dell’incubo

Sgominato l’elemento chiave dell’organizzazione terroristica nota come Sendiero Luminoso i personaggi tornano, con il pulmino, all’aeroporto di Nuovo Mexico.

Sfortunatamente il viaggio non è primo di inconvenienti.

1) su 75 viaggiatori almeno 15 sono terroristi che vogliono vendicarsi dei personaggi;

2) durante il viaggio diurno improvvisamente cala la notte;

3) il pullman si mette a fare fuoristrada;

3.bis) strane statue costeggiano il viaggio che ricordano molto l’incubo onirico avuto da Maverick;

E 1)+2)+3)+3.bis) è proprio quello che succede ai personaggi. Ma per fortuna le palle di fuoco, i muri di ghiaccio, i poteri mentali e i vili proiettili hanno la meglio sullo sparuto gruppo ed in pochi secondi l’intero pulmino è ripulito degli assalitori (e purtroppo anche di alcuni innocenti).

Ma un mezzo di trasporto con il conducente morto o morente porta sempre a un grosso incidente contro una statua …

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Il covo

Athor, Leo e Alf si addentrano nello stretto cunicolo; alla meno peggio si fasciano le ferite e con un “giochetto” di Leonida creano una zona di buio magica che però permette loro di vedere. Così’ facendo superano una stanza totalmente distrutta da un incendio per venire aggrediti da una strana creatura pallida, prontamente inchiodata a terra da Athor. Il problema più serio si ha quando entrando in una stanza con una cassa il pavimento, sporco e umidiccio, inizia a muoversi ed una gigantesca massa gelatinosa attacca Orlowitz. I colpi di Leo e Alf lo scalfiscono a malapena ma la mutazione magica evocata da Leonida che tramuta parte del corpo argilloso della creatura in pietra lo trasforma in una poltiglia inerte.

Successivamente muovendosi silenziosamente sentono in lontananza le tracce dei pirati, a diecine sia nelle stanze adiacenti che nei piani inferiori e quindi decidono di riposarsi in un cortiletto interno, una specie di piccolo cimitero con un mausoleo.

Ma in quel posto le piante crescono in fretta e impauriti da questo fenomeno decidono di forzare il mausoleo e di riposarsi al suo interno. Mentre Alf viola la serratura altre 2 di quelle bianche creature attaccono il gruppo ma Athor riesce a rallentarle fino a che tutti non sono entrati dentro.

Dopo aver recuperato le energie i personaggi decidono di non esplorare i livelli inferiori della tomba poiché si sentono i vocii di innumerevoli pirati e trovano nel livello corrente un nuovo passaggio verso il sottosuolo, questa volta pare silenzioso.

 

 

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Mille ed una notte

Meditando con l’equipaggio se vendicarsi o meno degli indigeni avvelenatori, sia il capitano Linduz che il resto dell’equipaggio  decidono di lasciar correre.
Nessun bagno di sangue vendicatorio ai danni dei 70 indigeni e la nave diretta a Bannock si rimette in viaggio.
Il giorno seguente cala una nebbia fittissima ed impedisce ai marinai di trovare un punto di riferimento nella navigazione.

Dopo alcuni giorni in cui vagano senza meta  vedono materializzarsi di fronte a loro un imponente castello che pare essere appoggiato sulla nebbia stessa.
Il marinaio Hendrik sostiene che sia il castello del gigante delle nebbie Aesman e Leonida lo chiama a gran voce.
Con gran timore da parte dei marinai il ponte levatoio viene calato ed una enorme ombra sembra mettersi in attesa prima della porta ma il capitano Linduz preferisce non rischiare e si allontana dal misterioso castello.
Purtroppo però la nebbia è ovunque e i viaggiatori non riescono a ritrovare l’orientamento. Grazie ad Athor con un incantesimo riesce ad individuare la terra ferma più vicina e la barca si avvia verso la costa più vicina ma una volta arrivati là sono di fronte ad una scogliera di almeno 30 metri e non riescono a trovare alcun approdo.
Dopo aver seguito la costa per un paio di giorni e non trovando che una barriera per miglia e miglia riprendono il largo e riprendono fiato su un isolotto che pare un prato in mezzo al mare. Non è un prato è il guscio pieno di alghe di una gigantesca testuggine la quale disturbata dai passi si immerge e molti marinai periscono affogati. Lo stesso Athor sparisce negli abissi cercando di liberarsi della sua pesantissima armatura.
Con 8 uomini che mancano all’appello i marinai la nave torna a navigare ancora nella nebbia e dopo qualche giorno assistono a quello che sembra essere un miraggio o una allucinazione di gruppo.
In mezzo alle nebbie vedono delle sagome di navi molto vecchie, alcuna veramente rovinate al punto di chiedersi come sia possibile che possano ancora galleggiare.
Muovendosi lentamente nel lugubre cimitero marino gli avventurieri sentono distintamente le voci dei compagni affogati che chiedono loro di tornare in patria sani e salvi e di raccontare le loro storie affinché le loro famiglie si ricordino di loro. Le voci dicono anche di veder più chiaramente la situazione dei compagni rimasti in vita perché con la morte riescono a percepire la vita in maniera più distaccata e sono a conoscenza di un particolare che pesa sulle spalle di loro.
Le voci dicono che sono stati maledetti dal momento in cui hanno ucciso la strega che avevano incontrato sulla strada per Aliar e fino a che la maledizione non verrà dissolta sono costretti a navigare senza mai raggiungere la loro destinazione.
Le voci, prima di scomparire per sempre, dicono di trovare la regina Mihrage che vive in un’isola non molto distante e che conosce gli effetti della maledizione.
Nel frattempo Athor non è affogato ma all’ultimo è riuscito a liberarsi della pesante armatura ma sfinito ha perso i sensi solo per risvegliarsi sulla riva di un’isola sconosciuta e venir soccorso da 4 uomini. Insieme agli uomini c’è una cavalla e spiegano ad Athor che la stanno portando sulla riva del mare per farla accoppiare con un cavallo marino.
Athor è infastidito dagli uomini, sicuramente dei senza dio, ma avendo perso armature, armi e compagni pensa bene ad aggiungersi al gruppo e a vedere gli sviluppi della situazione.
Gli uomini paiono nervosi e quando giungono alla riva non appena la cavalla si bagna gli zoccoli vedono spuntare da un’onda quello che sembra essere un cavallo che inizia a correre sulle onde per avvicinarsi alla femmina. Athor nota il corpo squamosa della bestia, ma la cosa che lo colpisce maggiormente sono i denti accuminati. Interrogando gli uomini riguardo alla stranezza del loro comportamento questi spiegano che il cavallo marino dopo essersi accoppiato con la cavalla cercherà di divorarla. La cavalla appartiene alla regina dell’isola la quale ogni anno manda i suoi uomini a far incontrare le 2 bestie poiché i cuccioli che nascono sono gli unici animali degni di essere cavalcati da una donna di sangue reale. Lo scopo degli uomini è impedire ad ogni costo che il cavallo marino faccia del male alla bestia della loro sovrana.
Athor prontamente si fa porgere un bastone e, finito l’atto, colpisce alle spalle il cavallo marino il quale più che ferito è spaventato dall’improvviso colpo desiste dal facile pranzo e torna ad immergersi dai flutti.
Gli uomini entusiasti portano Athor al cospetto della regina. Le regina è entusiasta e decide di donare al templare tutto quello che desidera e l’uomo di chiesa si mette subito al lavoro per ricostruire un’armatura per se. Passati i giorni necessari, guarito e benvoluto da tutti prende il largo con una barca ed un marinaio che faccia da guida.
Il caso vuole che Athor incroci la nave diretta in direzione del regno della regina Mihrage, la medesima regina con la predilezione per i cavalli “mutati”.
Riformatosi il gruppo tutti insieme tornano da Mihrage per avere spiegazioni sulla maledizione della strega-gufo.
La regina spiega che conosce bene la maledizione perché anni fa sua nonna era stata maledetta da una delle sette streghe dei mari. Raccontando gli avvenimenti dei personaggi Mihrage dice che avendo ucciso la strega nei pressi di Alimar su di loro è caduta la maledizione della sorella maggiore che vive in un’isola in cui le navi possono soltanto arrivare ma non ripartire.
La regina consiglia di mandare verso l’isola  un gruppo scelto di uomini per scoprire come sia possibile sciogliere la maledizione. In questo modo, visto che le navi non possono tornare indietro, è inutile sacrificare un intero equipaggio mentre un gruppo di martiri (o di stolti) è l’ideale. Inoltre avendo ucciso la sorella di una strega sicuramente la maggiore non accoglierà bene coloro che l’hanno fatto. Mihrage sostiene che la strega non ucciderà i personaggi (o per lo meno non ucciderà i personaggi a vista) se chiameranno la strega con il suo vero nome. Fortunatamente sua nonna 50 anni prima aveva avuto a che fare proprio con questa strega e avendone scoperto il nome era riuscito a ridurre il suo potere. La strega di chiama Karma.
Gli eroi quindi prendono una delle barchette della regina e prendono il largo verso l’isola della strega. Dopo poche ore si accorgono di essere dentro una “corrente” che li sta trasportando verso il mare aperto quindi smettono di remare e aspettano in silenzio. Dopo alcune ore, verso l’imbrunire giungono ad una isola spoglia, di pochi ettari con massi grossi e neri e piena di legni strappati dalle taglienti rocce alla navi che si sono spiaggiate, spinte dalla corrente. Scendono dalla barca e notano un gufo che li sta osservando da sopra un masso. “Karma” gridano e il gufo assume subito una forma di una vecchia bruttissima che inizia ad inveire contro i personaggi accusandoli di aver ucciso la sua “sorellina” e che solo grazie al fatto che conoscono il suo nome vero lei non può ucciderli.
Quando Leonida chiede come può cancellare la maledizione lei inizia a ridere, si tramuta nuovamente in gufo e scompare.
MA la notte stessa Leonida sogna la strega che si avvicina mentre lui è immobilizzato e gli sussurra all’orecchio “uccidi i pirati!”.
Lui grida “NO” e si sveglia. Il giorno dopo sono ancora sull’isola inospitale, tutto è come il giorno precedente: spoglio, senza fonti di cibo e di acqua e le scorte si stanno assottigliando.
Cercando in lungo e largo non trovano niente ma la barca con cui sono venuti non è più sulla riva: è invece in mare a pochi metri dalla riva come se dei cavi invisibili la tenessero fissa in quella posizione.
Guardinghi i personaggi la portano nuovamente sulla riva ma il giorno successivo è ancora in mare: decidono dunque di salire sopra. Non appena l’ultimo uomo è salito la barca prende nuovamente il largo ma non torna indietro, a insaputa dei passeggeri li sta portando verso il covo dei pirati che infestano le acque del mare interno.
Il viaggio dura molte ore e quando cala la notte i personaggi sono ancora in mare aperto. Leonida crea una luce con la magia e quando qualche tempo dopo giungono all’isola vengono subito avvistati da delle vedette ed inizia uno scontro sanguinoso.
Vinto lo scontro i nostri eroi sentono le voci di altri pirati che si stanno avvicinando ed allora si rendono conto che la luce li sta rivelando a tutte le creature con intenzioni bellicose nei loro confronti. Leonida cela la luce magica sotto la casacca ma adesso sono tutti ciechi infatti poiché la notte è molto scura. Grazie alla visione notturna di Alf il gruppo viene condotto lungo le mura della cittadella dei pirati fino a trovare, inaspettatamente un passaggio segreto.
Gli avventurieri scompaiono all’interno delle mura facendo conto sul fatto che nessun pirata si immaginerebbe mai che un gruppo di avventurieri sarebbe così sciocco da nascondersi dentro la loro cittadella. O forse no?

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L’isola dei selvaggi

Leonida e Athor sono nella foresta ad attendere il ritorno dell’esploratore Alf.

Ad un tratto sentono un rumore e davanti a loro compare una donna giovane, dai tratti selvaggi ma piacevoli. A gesti fa capire loro di seguirla e dopo poco Leonida e Athor si ritrovano nel villaggio dei selvaggi dell’isola in cui avevano attraccato. Invitati a gesta a partecipare ad un banchetto, dopo il primo assaggio Leonida cade addormentato e Athor prontamente estrae la sua spada. Subito quattro giovani guerrieri estraggono le loro lunghe lance di bambù  ed a quel punto Athor decide di rinfoderare l’arma e assecondare gli indigeni.

Grazie ad una portantina con sopra Leonida i due vengono accompagnati attraverso la giungla fino a superare la spaccatura nella roccia ed il ponte di albero che collega il villaggio alla valle del gigante. Leonida, che si sta risvegliando, ed Athor vengono “abbandonati” nel territorio del gigante dopodiché la loro scorta ritira il ponte di albero e ritornano da dove erano venuti.

Prontamente i 2 elaborano un piano per non dover rimanere troppo a lungo nella terra del gigante: Leonida si cala nel crepaccio che è profondo ben 30 metri grazie alla sua corda magica allungabile. Giunto in fondo grazie alla sua magia inizia a modellare la terra per poter agilmente risalire il crepaccio ma è una procedura lenta e laboriosa e ci vorranno alcune ore.

Durante le lunghe ore Orlowitz si sente improvvisamente invischiato e per scoprire chi è che lo sta aggredendo lancia un incantesimo di luce diurna. In questo modo ottiene due scopi:

a) capisce che un ragno gigante lo sta per trasformare nel suo pranzo

b) essendo aracnofobico cerca di resistere alla sua paura riuscendosi

c) Athor riesce a vedere in fondo al crepaccio ed infila una freccia nel corpo chitinoso dell’insetto mettendolo in fuga.

Non più interrotto Leonida riesce a terminare il suo incantesimo, Athor si cala ma purtroppo cade ed anche se riesce a rallentare la caduta si ferisce. Ma il più è fatto: risalgono entrambi il crepaccio e tornano alla loro nave, decidendo se vendicarsi o meno.

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La sirena e la tempesta

Durante una notte molto limpida i marinai hanno sentito un bellissimo canto venire dal niente.
Una volta saliti sul ponte la nave non stava più rollando bensì sembrava come piantata nella solida roccia.
Osservando il mare questo sembrava svanito lasciando posto ad una sabbia finissima che risaltava alla luce della luna.

Orlowitz insospettito con un’ incantesimo si è ricoperto di silenzio ed immediatamente il mare è comparso nuovamente rendendo evidente che la musica era una magia con il fine di mimetizzare la realtà.

Giorgio ha scorto due stelle dalla forma strana in mezzo all’albero maestro e le ha tenute d’occhio. Le “stelle” si sono mosse e sono scivolate più in basso fino ad andare dietro le spalle di un marinaio e questo ad un tratto ha lanciato un grido di dolore: era stato morso e dalla spalla stava uscendo del sangue.

Immediatamente i personaggi hanno reagito

Alf ha estratto l’arco prendendo la mira verso i due occhi che ricordavano due stelle cattive.

Athor si è lanciato nella mischia con il “demonio delle stelle”

Orlowitz e la maga hanno lanciato incantesimi pietrificanti sulla belva, senza successo.

Grazie allo forzo combinato di tutti la belva era circondata e dopo una terribile battaglia ha avuto la peggio.

La ciurma avrebbe voluto passare una notte rilassante ma nel cuore della notte è scoppiata una tempesta terribile.

Athor e Giorgio sono stati spazzati via dai venti e dalle onde ma sono stati salvati dalla corda magica lanciata da  Alf mentre la nave ha colpito degli scogli e ha dovuto fare tappa su un’isola che non era sulle carte.

L’isola era abitata da degli indigeni gentili ed insieme a padre Ugo e il suo chierichetto goblin Aktefal hanno fatto amicizia guadagnandosi un banchetto, una festa in loro onore e qualche donna.

Dopo qualche giorno sono ripartiti ed a Athor è stato donato un unguento ma il tempo è stato nuovamente inclemente e hanno dovuto ammarare su una nuova isola.

Questa sembrava disabitata ma esplorandola hanno trovato un villaggio simile a quello dell’isola precedente ma apparentemente abbandonato. Alf ha seguito alcune tracce ed ha trovato un percorso che si inoltrava di parecchio nella giungla; quando ha sentito dei rumori si è nascosto ed ha visto passare un folto numero di selvaggi che facevano ritorno all’accampamento.

Successivamente Giorgio in forma di falco ha continuato ad esplorare il sentiero dall’alto e ha visto che un grande crepaccio spaccava in due parti una vallata, come collegamento un ponte non troppo stabile, e nella parte più remota ha individuato un gigante che camminava.

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Arrivano i pirati

Una volta arrivati ad Aliar, Athor ha nuovamente visitato i Templari per ottenere aiuto contro il gigante Mora.
I religiosi erano molto preparati sul gigante assasino: uno di loro, padre Alessandro, aveva combattuto con Mora e prima di morire aveva scoperto la sua vera natura.
Un vampiro.
Ma per scoprire tutto questo é necessario parlare di una lama incantata.
Fino a qualche tempo fa nella città di Craine c’era una fazione di Templari molto famosa: l’Ordine dei Monaci di Ferro.
In Craine essi erano coloro che stabilivano l’ordine grazie all’utilizzo di oggetti incantati, recuperati in giro per Yrth o creati da loro stessi. Il capo dell’ordine non era Marco ma egli era il più famoso tra i monaci di ferro perchè era molto abile nel combattimento.
Ma la cosa che rendeva unico il combattimento di Marco era una lama incantata che si diceva essere stata vinta in un duello contro un infedele.
La lama era in grado di intrappolare l’anima di chi aveva avuto la via strappata via da essa.
Marco e la sua lama erano temibili e tutti i membri dei monaci di ferro contavano su di loro, anche padre Alessandro.
Ma un giorno Mora si volle vendicare dell’ordine dei templari perchè uno di essi aveva rubato un oggetto molto importante per lui. Ed era entrato nell’ordine dei monaci di ferro da solo materializzandosi dalla nebbia e grazie alla sua forza disumana distruggendo tutto e tutti nel corso di una sola notte. Il penultimo fu Marco separato dalla sua compagna con la morte ed infine Alessandro. Egli morì ma la sua anima passò nell’acciaio strappato dalle mani del suo defunto padrone ed usato per inchiodare il corpo del prete al muro.
Il caso volle quindi che questa storia non venisse dimenticata grazie alla memoria della spada di Marco che venne in possesso di un viandante che la vendette ad un templare di Aliar.
La spada é stata conservata ed infine consegnata ad Athor per aiutarlo nella impresa contro Mora.
Dopo aver comprato un passaggio sulla nave “La deriva” in viaggio verso Nord i nostri eroi hanno fatto conoscenza dei marinai: ubriaconi, saggi, narratori e pescatori.
Ah, hanno pure fatto una grande battaglia contro dei pirati che dopo aver visto perire la loro capa ed il timoniere a causa delle pietrose magie e delle terribili frecce della compagnia hanno deciso di desistere.

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La vecchina

Tornati a Cardiel i nostri eroi hanno deciso di tornare a casa.

La via più diretta è con un passaggio via nave da Aliar fino a Bannock per muoversi via terra fino a Craine.

Lungo il loro cammino sulla strada verso Aliar hanno trovato un carro abbandonato e pochi metri dopo il corpo di un uomo, con il collo spezzato. Proseguendo, una vecchia con un gufo grigio era accovacciata al lato della carreggiata ed ha chiesto cortesemente se poteva essere scortata fino alla vicina città di Netho.

Non appena il Templare si è avvicinato per aiutarla a montare sul carro la vecchia, con un guizzo inaspettato, si è arrampicata sul suo collo, attaccandosi saldamente con le sue gambe avizzite.

Il guerriero si è accorto della forza enorme che quell’essere diabolico, dall’aspetto innocente di vecchia, aveva e per non subire lo stesso destino del cadavere nella strada ha accettato di essere utilizzato come cavalcature.

Giunti a Netho la gente si è spaventata perchè conosceva una vecchia leggenda che riguardava una diabolica anziana capace di uccidere i giovani più prestanti con l’inganno della solidarietà.

Lo stesso sceriffo ha chiesto agli eroi di abbandonare la città poichè la vecchia era un simbolo funesto.

Una vola lasciata la città gli eroi non ci hanno visto più: la maga ha iniziato a tessere un incantesimo di pietrificazione che purtroppo è fallito, il ladro ha iniziato a incoccare le frecce colpendo il gufo, il templare a cercare di bloccare la stretta mortale della vecchia mentre il francescano colpiva a sun di bacchiolo la dura testa anziana.

Dopo poco il gufo ha mutato l’aspetto in una donna bellissima con il volto contratto dall’odio: “Io vi maledico” ha detto prima che una freccia trapassasse la trachea. La vecchia disarcionata dalla sua presa da una abilissima mossa dekl guerriero e colpita gravemente dal pesante legno francescano e il metallo del religioso ha smesso di lottare.

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Il copricapo

Durante la medesima notte Alf ha visto passare un gruppetto di tre uomini che hanno attraversato il fiume nero come l’inchiostro.

L’indomani, guadandolo grazie alla loro agilità, sono stati salvati dal loro “amico” pipistrello che ha prima messo in fuga una tigre d’ombra e poi ha “intrattenuto” un gruppo di una mezza dozzina di suoi simile. Sul termine della giornata i personaggi hanno conosciuto un gigante di nome Grundge che ha fraternizzato con il gruppo mettendoli al corrente che Riyan aveva un apprendista di nome Sab (proprio lo stesso nome del muto collega di Oinet).

Poco dopo si è unito alla combriccola il vecchio “amico” Mazuka insieme a dieci dei suoi uomini e grazie alla sua magia hanno intontito un ragno gigante per far passare Alf ed un gruppo di tre uomini al di là di un ponte con a guardia un “mostro d’0mbra” terribilmente pericoloso a detta di Gundge.

Dopo il ponte hanno incontrato Sab e Quian, una maga bellissima intrappolata in questo mondo da Riyan. La sua accecante bellezza è il motivo per cui Sab si era intrufolato nuovamente in questo mondo.

Interagendo con lei si è scoperto che per tornare al proprio mondo è necessario una parola chiave “Saminota riportami alla mia origine” ed un copricapo, prontamente sottratto a Sab. Il copricapo è un lasciapassare per non venir attaccati dalle creature del mondo del buio.

I personaggi grazie a Mazuka sono tornati dal gigante che era in possesso di un oggetto che avrebbe ridato la voce a Sab, il quale ha sua volta ha svelato la password e tutti insieme sono riusciti a tornare nel loro mondo.

Una volta tornati a Tin Hill si sono accorti che la città era occupata da una gruppo di banditi capeggiati da … Mazuka. Il bardo, per la seconda volta ha sottratto la refurtiva recuperata nel mondo d’ombra e ha salutato il gruppo auspicando di non portar rancore l’uno all’altro nel caso si fossero nuovamente incontrati in futuro …

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L’incubo

Il giorno giungono a  machu picchu per investigare sull’apparizione del misterioso Emisario Negro, un jolly vicino al gruppo terroristico Sendero Luminoso. La città è nel suo splendore di una volta con le sue architetture ed i pavimenti in oro grazie alla restaurazione fatta durante il giorno in cui si manifestarono i super poteri.

Visitando la città di giorno non scoprono nulla e mentre la sera i guardiani si apprestono a far uscire tutti viene scorto un individuo che risponde alla descrizione dell’emissario negro intrufolarsi all’interno della città.

Patrick Phoenix, invisibile, entra nuovamente dentro Machu Picchu seguito dalle fate invisibili di Tristania mentre Frankeinstein instaura un legame telepatico con Patrick aggiornando sugli eventi il resto del gruppo che attende all’esterno.

A vede atterrare un elicottero da cui vengono scaricate arme automatiche e consegnate all’Emissario Negro a cui nel frattempo si è aggiunto Madama Coca e un uomo tatuato.

Nel frattempo all’esterno Tristania viene presa da una febbre fortissima e tutte le farfalle esclusa una tornano dicendo che quella mancante all’appella è entrata in contatto con una falena rimanendo paralizzata a terra e causando in Tristania la reazione.

Avvertito Patrick torna immediatamente indietro per tornare a Cuzco e far curare la loro amica. Tornati al loro hotel scoprono che Tristania si è ripresa e riferisce loro che la fata ha scoperto che L’emisario negro soggiorna nel loro stesso hotel di Cuzco.

La notte Maverick sogna di essere ancora dentro Machu Picchu, dentro un tempio e di venir improvvisamente attaccato da un ragno enorme. Sconfiggendolo grazie ad una cascata di ghiaccio che crea sopra di lui si sveglia di soprassalto con la convinzione che sarebbe potuto morire veramente.

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